Rudolf Steiner e l’incendio

Dal libro "Rudolf Steiner – vita, opera, cammino interiore e iniziative sociali" di Rudi Lissau.

La catastrofe
L’ultima notte del 1922 il grande edificio di legno del Goetheanum fu raso al suolo da un incendio. Dieci anni di fatica e di sacrifici bruciati da un incendio doloso. I membri della Società [Antroposofica] erano stravolti e inorriditi. Steiner aveva ripetutamente accennato che l’edificio non sarebbe durato a lungo, e poco prima era stato avvisato della sua imminente distruzione. Ma quando arrivò il colpo la sua sofferenza fu altrettanto profonda e reale di quella dei suoi collaboratori e dei suoi amici. Con forza e coraggio indicibili, Steiner continuò a tenere le sue conferenze come previsto.
Ben presto fu chiaro che si sarebbe costruito un secondo Goetheanum. Fedele alla sua natura creativa e alla sua sensibilità nei confronti dell’epoca in cui viveva, Steiner intuiva che il nuovo edificio non doveva essere una copia dell’altro, ma radicalmente diverso sia come materiale sia come disegno: una delle primissime strutture di grandi dimensioni in cemento armato.
Tuttavia, egli sentiva che non poteva proseguire senza prima aver chiarito il problema del passato. Se il gruppo degli antroposofi avesse mostrato maggior forza e coesione spirituale, il disastro avrebbe potuto essere evitato. Il suo primo compito, dunque, era di ricostruire la Società.

La fede
In più di un’occasione Rudolf Steiner aveva accennato al fatto che il primo Goetheanum non sarebbe rimasto in piedi per molto tempo. È perfino ammissibile supporre che abbia avuto la prima intuizione di un possibile disastro il giorno precedente la decisione di costruire. All’inizio di dicembre del 1922, Steiner fece un breve viaggio a Berlino. Anna Samweber, che non aveva ancora visto l’edificio, provava un intenso desiderio di andare a Dornach per il convegno di Natale, ma non poteva farlo senza l’aiuto di Steiner. Questi non fu in grado di soddisfare il suo desiderio e promise aiuto per il convegno di Pasqua.
Ma la Samweber esclamò: “Se non posso andare ora non vedrò mai l’edificio. Lo perderemo: un incendio lo distruggerà completamente e a Pasqua non ci sarà più”. Steiner dovette rimanere impressionato dalla forza della convinzione con cui parlò la sua vecchia e fidata amica.
Fu un altro esempio di fede. “Ma Steiner si limitò a guardarmi a occhi spalancati, non accennò minimamente alla mia affermazione e rinnovò la sua promessa per Pasqua. Disse che al momento non poteva accontentarmi e che io avrei dovuto cercare un’altra occasione” (F. Rittelmeyer). Un’altra occasione si verificò e Anna Samweber la colse al volo. Verso fine dicembre arrivò a Dornach.
Durante una passeggiata nel pomeriggio, parlò delle sue premonizioni con i due amici che erano con lei. “Quando dissi questo, il signor Gern pensò che io fossi pazza”. La notte stessa il Goetheanum fu distrutto dall’incendio. Pare che, dopo esser stato messo sull’avviso, Steiner non avesse preso nessuna particolare precauzione. Doveva vivere nelle stesse condizioni di tutti gli altri esseri umani. Le sue responsabilità erano infinitamente più grandi, le sue preoccupazioni assai più ampie, ma la sua situazione non era meno grave di quella dei suoi compagni.
Accettò in pieno la condizione umana ed evitò meticolosamente non solo di creare dipendenza e mancanza di libertà nelle persone, ma anche qualsiasi azione che si avvicinasse alla manipolazione spirituale e alla magia.

Rudolf Steiner nel 1923
Il 1923 era iniziato con un disastro: la doppia cupola di legno del primo Goetheanum, eccezionale manifestazione dell’impulso spirituale di Steiner, era stata distrutta da un incendio doloso. La perdita di questo edificio sul quale erano poste così grandi speranze, e al quale per dieci anni si era lavorato con infinita dedizione, avrebbe potuto facilmente distruggere un uomo più giovane. Per Steiner questo fatto significò una completa riesamina del proprio lavoro, della propria posizione, dei suoi scopi e metodi, e da ciò scaturì una fase completamente nuova del suo lavoro, forse la più splendida, che ebbe come perno la fondazione della Società Antroposofica.
Già prima egli aveva sofferto molte volte a causa delle debolezze dei suoi seguaci, del loro tradizionalismo, della loro chiusura mentale, del loro dogmatismo, delle loro discordie: “A partire dal 1912, e particolarmente dall’inizio del 1918, le mie reali intenzioni furono costantemente frustrate dai membri della Società”. Mentre considerava la scena e sperava che qualche nuovo impulso sorgesse tra i membri, si trovò davanti un senso di debolezza e di mancanza di iniziative responsabili. Notò violenti disaccordi tra vecchi e giovani, nessuna tolleranza, solo amore per la gerarchia e per ambizioni autoritarie.
Se doveva esserci una nuova società, era lui a doverla fondare. Soltanto così avrebbe potuto sorgere una società che garantisse la libertà individuale senza la quale non poteva fiorire una vita spirituale come lui la sentiva.

(“Rudolf Steiner – vita, opera, cammino interiore e iniziative sociali” di Rudi Lissau.)

da ARTEMEDICA n.68