L’inferno degli animali

Verrà il tempo in cui l’uomo non dovrà più uccidere per mangiare, e anche la condanna a morte di un solo animale sarà considerato un grave delitto. (Leonardo da Vinci)

di Cris Thellung

Qual è la sorte degli animali più vicini all’uomo? Meglio nascere asino o maiale? Nel primo caso forse passeremmo tutta la vita nel suq di Marrakech a trascinare un carretto zeppo all’inverosimile di cianfrusaglie, mentre nel secondo non andrebbe certo meglio in un allevamento della Bassa Mantovana, a ingrassare per poi finire affettato sulla tavola di qualche buongustaio. Molti riterrebbero meglio nascere cane, però potendo sceglie un padrone con cui vivere in allegria e non aspettando che sia il padrone a scegliere, oppure gatto, ma a certe condizioni: meglio un gatto un po’ selvatico che non sia costretto a passare la vita tra le mura di un appartamento di città. Il destino degli animali, anche domestici, non è certo migliore di quello di tante persone, se non addirittura peggiore.
Del resto, “trattare un uomo come un animale” significa, nel linguaggio corrente, usargli maltrattamenti e violenze (in guerra come in pace) perché viene considerato diverso per sesso, etnia, lingua, religione. L’indifferenza di fronte alla sofferenza degli animali (nei macelli, nell’industria delle pellicce, nei laboratori di ricerca, negli zoo, nei circhi, nei delfinari, negli allevamenti) nasconde una forma di repulsione per la violenza e l’omicidio, ma anche un silenzio complice.

Il rapporto tra uomo e animale non è mai lo stesso, sulla faccia della terra. Non è il caso di dire che “tutto il mondo è paese”, perché non sempre è vero che in ogni parte del globo accadono le stesse cose, non sempre i popoli hanno lo stesso modo di comportarsi con il loro prossimo. Girando l’Europa si possono prendere appunti di viaggio spesso sorprendenti sulle abitudini radicate nei differenti paesi nei rapporti tra uomini e animali.

Voi siete là fuori, o animali, se voi soffrite, soffrite per qualcosa che torna a vantaggio di noi uomini.
Noi uomini abbiamo la possibilità di superare la sofferenza, voi la dovete sopportare.
Vi abbiamo lasciato il dolore e abbiamo tenuto per noi il superamento.
(Rudolf Steiner, Le manifestazioni del karma, O.O. 120, Ed. Antroposofica).

Si legge sul quotidiano “La Stampa” del 4 novembre 2014:. “Ha resistito due secoli, ma alla fine ha ceduto. La definizione del Codice Napoleonico che considerava i cani come ‘mobilio’ è stata riformata dal Parlamento francese. Adesso gli animali domestici non verranno più considerati parte di un’abitazione, al pari di una libreria o un armadio, ma ‘esseri viventi dotati di sensibilità’… Il codice civile era stato redatto nel 1804, e rispecchiava la visione che a quell’epoca la società aveva degli animali. Allora la Francia era un paese per lo più agricolo, in cui gli animali erano visti da un punto di vista utilitaristico, fondamentalmente come forza lavoro, secondo il concetto formulato dal filosofo Cartesio, di animale-macchina. Una visione ormai considerata obsoleta”.

Se in Francia si cominciano a modificare le leggi per non far soffrire le bestiole adottate, nel Regno Unito si arriva a preferirle ai membri della famiglia. I tempi cambiano anche per le famiglie britanniche e il mondo animale, pur da sempre molto amato Oltremanica, ora, secondo un nuovo studio di Ancestry.co.uk, il celebre sito di storia familiare, il 90% dei proprietari considera la bestiola adottata come parte della famiglia; un terzo di questi sostiene addirittura di preferire i pet ai membri del nucleo familiare, e quasi uno su sei (15%) considera l’animale domestico più importante dei propri parenti. Secondo la Federazione dei Diritti degli Animali e Ambiente (www.nelcuore.org), i britannici proprietari di cani sono i più interessati a far diventare ‘Snoopy’ un membro della famiglia, con il 16% che ha scelto di inserire l’animale nel Censimento 2011. E alcuni di questi hanno collocato il quattro-zampe sotto la voce “figlio” sul modulo ufficiale.

Ma in Italia? Come abbiamo reagito all’effetto dei recenti lockdown, causati dalle regole anti-pandemia? Con un nuovo animale da compagnia: lo hanno fatto 7,8 milioni di italiani. A dirlo è un’indagine dell’osservatorio Coop2020, secondo cui il confinamento e il distanziamento dettati dalle misure anti-contagio hanno alimentato la relazione con i pet. Secondo il periodico di Aboutpharma (aboutpharma.com) l’effetto lockdown sta provocando in molti italiani il desiderio di prendere con sé un animale da compagnia.

D’altra parte, secondo gli addetti ai lavori, va riconosciuto come gli animali domestici contribuiscano alla nostra gioia e al nostro benessere, soprattutto in periodi di stress come quelli che stiamo vivendo. In altre parole, si può dire che il rapporto con il pet è una dipendenza emotiva reciproca spontanea, genuina, che aumenta la resilienza dei proprietari. Inoltre, importanti studi evidenziano come la salute mentale abbia tra gli elementi determinanti il contatto con la natura, e quanto il legame con gli animali sia quindi fondamentale per il ritorno alla normalità.

Ma quanti animali d’affezione ci sono nel nostro paese e quali? Secondo il rapporto Assalco-Zoomark 2020, si stima che nel 2019 ne fossero presenti in Italia 60,27 milioni, confermando un rapporto 1 a 1 tra gli animali da compagnia e la popolazione residente nella penisola. Circa 29,9 milioni esemplari di pesci, poco meno di 13 milioni di uccelli, 7,3 milioni di gatti, 7 milioni di cani, 1,8 di piccoli mammiferi e 1,4 di rettili. La Federazione Europea delle Industrie per gli Alimenti per Animali Familiari ha stimato la popolazione di pet presenti nelle case europee nel 2019 in circa 300 milioni di animali d’affezione. Quasi due terzi della popolazione di bestiole è costituita da cani e gatti. Ma non tutti gli animali domestici hanno un padrone, molti vagano fuori dal branco senza meta e dimora; in Italia si stima vi siano tra i 500 e i 700.000 cani randagi, ridotti in questa condizione perlopiù a causa di due motivi: l’abbandono e la nascita da animali in libertà.

Al giorno d’oggi una scienza che si occupi dell’anima degli animali è quasi inesistente.
Certo si osservano gli animali e si scoprono molti aspetti di grande interesse.
È veramente raro, tuttavia, che si sappia guardare dentro l’anima degli animali.
Rudolf Steiner, Natura e uomo secondo la scienza dello spirito, O.O. 352, Ed. Antroposofica

DA ARTEMEDICA N.62