Un’agricoltura di salute. Ricerca, innovazione e formazione per il futuro della Terra

Maurizio Pietro Morisco ci introduce al 36° Convegno Internazionale dell'Associazione Biodinamica. Tre gli aspetti al centro del convegno: ricerca scientifica, formazione e divulgazione.

Maurizio Pietro Morisco

A causa delle disposizioni imposte dai protocolli di sicurezza anti-Covid, l’ultimo convegno dell’Associazione biodinamica si è dovuto celebrare a distanza. Ma quello che di primo acchito poteva apparire come uno svantaggio si è trasformato in un’opportunità: l’accesso on-line ha infatti dato modo a un più vasto pubblico di partecipare da remoto agli incontri e di approfondire la conoscenza delle realtà connesse alla biodinamica. E il numero di visualizzazioni, che ha decisamente oltrepassato ogni aspettativa, sta a indicare come il tema dell’agroecologia sia ormai nel cuore di tante persone.

Tre gli aspetti al centro del convegno: ricerca scientifica, formazione e divulgazione. Temi che si pongono come sfida del presente e dell’immediato futuro e sui quali si è concentrato e si concentrerà l’impegno dell’Associazione. Un impegno che si contrappone fattivamente a quanti contestano per partito preso la scarsa scientificità dei metodi biodinamici, paraganandoli a pratiche sciamaniche o stregonesche, e dei suoi preparati, ritenuti tutt’al più sostanza inerte, senza alcuna efficacia. Affermazioni pretestuose che sono in realtà un modo per evitare di rispondere alla vera domanda: come mai la biodinamica ottiene prodotti di eccellenza garantendo la salvaguardia della biodiversità e la valorizzazione dei terreni? Forse perché l’agricoltura è tecnologia ma anche tradizione che scaturisce da un sapere antico e dal rispetto per la terra?

Il 36° Convegno ha riservato un ragguardevole spazio per presentare al pubblico i risultati concreti, frutto di una ricerca da tempo in atto, basata su criteri strettamente scientifici. In uno spazio critico che si contrappone al rigido dogmatismo e alle fake news ben venga quindi la costituzione della Società di scienze biodinamiche: ente fondato da Carlo Triarico, presidente dell’Associazione biodinamica, e dal professor Alessandro Piccolo, ordinario di Chimica agraria all’Università Federico II di Napoli. Oggi più che mai occorrono voci indipendenti capaci di riportare il dibattito entro i confini di un confronto basato sul principio dell’universalità, dell’uno-verso-l’altro, e non dell’uno-contro-l’altro. Di fatto, non potrà esistere alcun dialogo costruttivo senza il coraggio di superare i limiti dei propri preconcetti e riconoscere il valore dell’idea altrui. Solo così si realizzerà il patto tra scienza e democrazia.
D’altra parte, che il mondo biodinamico abbia pieno diritto di sedersi al tavolo della scienza lo ribadiscela stessa Unione Europea, che ha ascritto la biodinamica nel novero delle agricolture biologiche, non certo per elargire una concessione ad agricoltori eccentrici, ma per ribadire la validità dell’uso dei preparati biodinamici, ritenuti idonei per tutte le forme di agricoltura biologica.
Purtroppo, come molte volte accade per le più lungimiranti disposizioni europee, anche in questo caso, in Italia, non solo la “legge sul biologico” è da tempo bloccata in Senato, ma vi sono forti pressioni affinché da quella stessa legge venga esclusa l’agricoltura biodinamica. Nella realtà, però, l’esperienza pratica evidenzia che la biodinamica è in modo inconfutabile un’agricoltura di qualità e salubrità, che raggiunge livelli di eccellenza rispettando l’ambiente e preservando la fertilità dei terreni.

Il Convegno si è presentato in modo aperto al pubblico, senza censure né chiusure. All’apertura dei lavori, il presidente Carlo Triarico ha da subito chiarito che le direttive europee, dettate sin dal 1991, in materia di agricoltura biologica hanno preso spunto dall’agricoltura biodinamica, anch’essa posta all’interno del quadro legislativo. Non solo: è un dato di fatto l’interesse del mondo scientifico accademico per le agroecologie, alla luce dell’evidente disaccoppiamento, manifestatosi negli ultimi tempi, tra attività produttive e pressione sull’ambiente naturale.
In contrapposizione a quanto avveniva in passato, in Nord America e in Europa si è ultimamente registrata una divaricazione nella tradizionale sintonia fra l’incremento delle emissioni inquinanti e la crescita del PIL. Lo sviluppo nel settore della ricerca e degli investimenti nelle cosiddette energie alternative ha infatti portato a una crescita economica cui si contrappone il calo nei consumi di fonti energetiche fossili. Lo confermano le parole del neo eletto presidente statunitense Joe Biden, pronto a riportare il suo Paese al centro delle questioni internazionali sull’ecosostenibilità. La possibilità di una crescita economica fondata sulla riduzione dell’inquinamento è oggi una certezza.
Premessa importante, che mette in luce la visionaria lungimiranza di Rudolf Steiner che, seppur non fosse un agricoltore, già nel 1924 aveva evidenziato l’importanza di un ritorno alle più genuine tradizioni contadine. Certo, l’evidenza dei dati empirici molte volte non sembra sufficiente per convincere gli scettici di professione, per i quali, più del risultato, è importante documentare, secondo standard predefiniti, tutto il processo. Torneremo a trattare nei prossimi articoli di questo argomento, quando descriveremo nello specifico gli interventi dei relatori in merito alla questione scientifica. Ma occorre qui ricordare che un tempo le facoltà universitarie e le discipline in essa insegnate non erano nettamente separate le une dalle altre; come dimostrano le biografie di studiosi contemporanei allo stesso Steiner ma anche quelle di illustri scienziati, come Galileo, che non disdegnava di accostare agli studi di fisica e astronomia – foss’anche con un certo divertito scetticismo – l’elaborazione di oroscopi.

Dopo il saluto di Triarico, ha preso la parola Cecilia Del Re, assessore all’Ambiente, urbanistica, agricoltura urbana della città di Firenze che ha ospitato il convegno nel prestigioso Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio. Nel suo discorso, ha ribadito come l’UE abbia evidenziato in un suo report il legame tra problematiche ambientali e fenomeni pandemici dovuti a un’attività microbica veicolata da animali a contatto con suoli sottoposti a pratiche intensive. Per Cecilia Del Re, il convegno con le sue tematiche si immette con grande competenza nella corrente del Green Deal europeo, al quale occorre l’apporto della giusta commistione tra pratiche che vengono dal passato, prima dell’uso intensivo della chimica, e nuove agroecologie.
Come rivisitare dunque le pratiche tradizionali? Come sviluppare un’agricoltura biologica capace di sostenere l’impatto economico per il produttore e il consumatore? È l’interrogativo posto da Renato Ferretti. Per il consigliere nazionale CONAF, in buona sostanza, tutto ciò che occorre all’agricoltura bio, in tutte le sue latitudini, è rispondere ai canoni dell’applicazione tecnica di principi scientifici e biologici cui deve venire incontro il mondo politico; senza il supporto delle istituzioni, l’iniziativa sostenuta dal solo capitale privato non sarebbe possibile se non per quei pochi che dispongano di un cospicuo patrimonio personale. Nell’affrontare la tematica, Renato Ferretti ha fatto riferimento a due figure pionieristiche nel campo dell’agroecologia. Il primo è il professor Girolamo Azzi (1), cui nel 1924 fu affidata la cattedra di Ecologia agraria presso l’Università di Perugia. Il secondo è il professor Alfonso Draghetti, membro di accademie e società scientifiche, delegato italiano alla FAO (Food and Agriculture Organization), che a partire dal 1948 è stato incaricato del corso di agronomia e coltivazioni erbacee all’Università di Padova e, per il quadriennio 1951-54, della stessa cattedra all’Università Cattolica di Milano2; in quarant’anni di ricerche, Draghetti ha pubblicato oltre cinquecento lavori, fra cui quella che è probabilmente la sua opera più importante: il volume Principi di fisiologia dell’azienda agraria (Bologna, 1948) Dunque, le sfide della modernità si giocano sull’incastro tra istituzioni e libera iniziativa e, nel quadro attuale del Green Deal e dell’Agenda 2030, i grandi propositi rischiano di restare vuote parole se non s’intersecano con il settore della ricerca e dello sviluppo delle competenze, ma anche con le pratiche idonee a recepire i fondi stanziati dall’UE. In sintonia con quanto sostenuto da Renato Ferretti, ci saremmo aspettati dalla PAC europea quella rivoluzione tanto auspicata; ma piccoli o grandi che siano, i fondi economici stanziati per il comparto biologico non daranno frutti senza le giuste competenze territoriali.

L’Agricoltura Biodinamica nacque formalmente nel 1924 a seguito di un meeting organizzato da agricoltori tedeschi, i quali invitarono Rudolf Steiner – filosofo, ricercatore e fondatore dell’Antroposofia – a divulgare le prime sperimentazioni con le quali veniva cercata una risposta ai problemi emergenti dall’agricoltura chimica allora incipiente. Emersero in quell’occasione nuovi punti di vista attraverso cui guardare ai fenomeni della natura e, in particolare, a quelli relativi all’attività produttiva umana. (www.agricolturabiodinamica.it)

Il tema della ricerca è stato poi ulteriormente approfondito da Benedetto Rocchi dell’Università degli Studi di Firenze, Disei. Il progetto di ricerca programmato con la partnership dell’APAB è ora rallentato dal Covid, ma gli orientamenti sono chiari e occorre incrementare il processo partecipativo per includere non solo il mondo agricolo e quello scientifico rendendo partecipi tutte le voci interessate, tra cui quella dei consumatori; solo così l’apporto dato dalle aziende alla ricerca potrà essere trasferito all’agricoltura.
Risulta quindi evidente come occorra impegnarsi su diversi piani, tra cui il più ostico è la chiusura ideologica di quanti risultano ancora legati a un’organizzazione analitica dei saperi. Concludo qui il primo articolo sui contenuti del convegno. Nel prossimo entreremo ancor più nel merito con interventi di grande rilevanza scientifica.
Mi preme però riportare un aspetto relativo a quanto detto finora. Come sottolineato da Benedetto Rocchi, la competenza non è appannaggio solo di chi può vantare un titolo accademico: gli agricoltori possiedono un patrimonio di esperienza maturata giorno dopo giorno nei campi, e questa è la componente empirica di cui non possiamo fare a meno.
A chi invece considera la biodinamica e tutto il settore biologico una forma desueta di romanticismo ottocentesco ricordo le parole di Paul Feyerabend: “Il mondo fisico è troppo complesso per essere dominato e compreso con l’ausilio di metodi razionali, ma il mondo sociale, il mondo dei pensieri e del sentimento umano, il mondo della fantasia, il mondo della filosofia, della poesia, delle scienze, il mondo della convivenza politica è ancor più complicato. Ci si deve forse attendere che i razionalisti abbiano successo in questo mondo dopo aver fallito nel mondo fisico? Non è meglio fondare il comportamento sociale su decisioni concrete di esseri umani che conoscono con precisione il loro ambiente, così come i desideri, le attese, le speranze, le fantasie dei loro simili, piuttosto che affidarsi alle regole di dotti che si sono trovati di fronte a questo ambiente al più ai libri dei loro colleghi nei quali esso appare gravemente deformato?”

NOTE
1. Girolamo Azzi. Il fondatore dell’ecologia agraria, di A.Baltadori, I. M. Pinnola (a cura di), La Mandragora Editrice.
2. Ved. la voce “DRAGHETTI, Alfonso”, di Ruggero Boschi, nel Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 41 (1992).

da ArteMedica n. 61

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