L’aquilone e l’aquila

La dottoressa Francesca Valtolina ci parla del lavoro meditativo biografico.

«Faccio il medico da circa diciannove anni e osservo con meraviglia i miei pazienti. Li osservo come aquiloni, delicati leggeri fragili, di carta velina, legati alla terra con un filo. Li osservo come aquile, forti, con la voglia di spiccare il volo per raggiungere il cielo.
Avevo 29 anni quando ho iniziato a svolgere la professione di medico di medicina generale, prima come sostituto poi come titolare, ma la decisione di fare il medico risale a quando avevo 13 anni, grazie a mio papà e alla professoressa P.
Una volta laureatami, grazie alla splendida collega R., ho da subito studiato e approfondito, affiancandole all’approccio convenzionale, due delle medicine non convenzionali al momento riconosciute: l’omeopatia e l’omotossicologia.
Intorno ai 35 anni ho cominciato a riflettere sulla necessità di dare un senso alla malattia; in quel frangente, ho incontrato la via dell’Antroposofia e della medicina antroposofica, e ho deciso di percorrerla. Parallelamente ho incontrato la strada della meditazione, e per questo il mio grazie va a M., M., F. e M.
Dopo i 42 anni ho vissuto un periodo di raccoglimento: ho raccolto fiori e cocci di frustrazioni e soddisfazioni, e ho cominciato a interessarmi di biografia, grazie ad A.A.»

Con questi cenni relativi a eventi e incontri con persone significative appartenenti alla mia biografia professionale ho voluto introdurre il tema di questo articolo: il lavoro biografico.
Nel lavoro biografico, o più estesamente “lavoro meditativo biografico”, impiego le mie forze (lat. labor: fatica) per meditare (lat. meditari/mederi: curare; gr. medo-mai: misurare col pensiero) su ciò che sto scrivendo (grafia) con la mia vita (bio).
Meditare è osservare un contenuto che considero essenziale e vero, lasciando che esso si prenda cura di me; è creare uno spazio di ascolto senza pregiudizio, senza giudizio, senza voler dare razionalmente un significato, senza senso di colpa.
Quanti senza! Sono immagine di uno spazio vuoto nel quale può riversarsi l’essenza di ciò che ho deciso di meditare. Nel caso specifico, gli eventi della mia vita.
Grazie a questo ascolto silenzioso il senso dell’evento, dell’incontro, della malattia che ho vissuto o sto vivendo, fa capolino. Poco alla volta, con pazienza (ecco qui una possibile chiave interpretativa della parola “paziente”), col lavoro biografico mi prendo cura di me stesso nella dimensione tempo (linea biografica). Con l’assunzione di sostanze, farmaci o rimedi, mi prendo cura di me stesso nella dimensione spazio (corpo).

Lavorare in trincea come medico di medicina generale, annaspando tra le scartoffie; meditare nel mio piccolo la Bibbia e gli scritti di Rudolf Steiner; studiare i testi di chi si occupa di lavoro biografico: tutto questo mi ha portato a considerare l’importanza della “malattia come evento maestro”. Ogni paziente quando entra nello studio chiede a noi medici di prenderci cura del suo disturbo o malattia e al tempo stesso si chiede, e ci chiede, perché. Perché mi sono ammalato? Perché cambio? Perché non ce la faccio più a fare questo o quello? Perché sto invecchiando? Ogni sintomo, deficit o disabilità che accompagnano la malattia si intessono con la quotidianità, le relazioni interpersonali, la professione, lo sport, i momenti di libertà.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la promozione della salute è fondamentale. La salute è “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non solo semplicemente “totale assenza di malattia o infermità”. Un concetto evolutosi nel tempo (da quando nel 1948 venne data questa definizione) con l’assunto che la salute non può essere un concetto statico, ma si modifica continuamente nel corso della vita di uno stesso individuo.«Dobbiamo vincere il limite di considerare l’uomo sano solo se giovane e perfetto. L’uomo è sano se sa lasciarsi trasportare dalla meraviglia dell’osservare gli accadimenti che tessono il filo d’argento del suo passato, gettando la speranza verso il filo d’oro del futuro, mentre vive con amore il presente.

Il lavoro biografico inizia nel presente: chi sono io oggi, aquilone e aquila. Si appoggia con fiducia nel passato snocciolando ciascun settennio, passeggiando nella primavera della vita (infanzia e adolescenza), lungo l’estate (giovinezza), fino all’autunno (maturità), e all’inverno (vecchiaia). In base all’età in cui si affronta il viaggio, si guarda ai settenni vissuti e a quelli da vivere. Con rispetto il medico accompagna il paziente conscio che “ogni uomo è una storia sacra” (Jean Vanier, Ogni uomo è una storia sacra, EDB).
Concludo con un’immagine musicale: ogni giorno è una nota della complessiva melodia che ciascuno compone: sette miliardi di melodie, in uno spartito orchestrale. Le melodie si snodano sulle leggi armoniche della natura. L’uomo in cammino verso la libertà, poggiante sulle sue leggi la natura.
Libertà non senza responsabilità. “L’osservazione della propria biografia serve per imparare a capire meglio, forse addirittura per riconoscere, nella propria essenza, non solo se stessi, ma anche gli altri e per poter influire in modo risanatore sulla società e sul cosmo” (Il lavoro biografico, Quaderni di Flensburg, Editrice Novalis).

E allora “raccontami la tua storia, spiegami le tue ferite, dimmi dov’è il tuo cuore, che cosa davvero desideri” (Jean Vanier).

da ArteMedica n.55

Bibliografia
Pietro Archiati, La tua biografia, un capolavoro in cerca d’autore, Editrice Rudolf Steiner.
AA.VV., Il lavoro biografico, Quaderni di Flensburg, Editrice Novalis.
Michaela Glockler, La biografia, cinque vie per comprendere la vita, Editrice arte dell’io.Robert Gorter, La biografia umana, Associazione amici della scuola steineriana.
Romano Guardini, Le età della vita, Vita e pensiero.
Bernard Lievegoed, Crisi biografiche, occasioni di vita, Natura e cultura editrice.
Jean Vanier, Ogni uomo è una storia sacra, EDB.