Infine è arrivato uno studio scientifico a confermare una realtà che era ormai evidente. La notizia, apparsa sul British Journal of Nutrition, riporta del lavoro svolto da una équipe di ricercatori della Newcastle University (Regno Unito), che hanno riesaminato 343 articoli scientifici che avevano come tema il confronto fra differenti metodi di coltivazione. I risultati sono stati nettamente a favore del bio. In media i prodotti biologici contengono il 17% in più di antiossidanti, e per alcune classi questa cifra è ancora superiore. I flavanoni, presenti nelle arance, possono anche raggiungere il 69%. Mentre le antocianine, presenti anche nel vino rosso, si attestano al 51%. Per quanto riguarda i pesticidi, invece, è risultato che nelle verdure non biologiche è presente un livello quattro volte superiore, ed è molto più alta anche la quantità di cadmio, uno dei tre metalli, insieme a piombo e mercurio, per cui l’Oms ha fissato un limite massimo nei cibi.
Questi possono, infatti, accumularsi nel terreno ed entrare nella catena alimentare (sia via terra sia via acqua). All’esposizione ai metalli pesanti sono associati molteplici effetti sulla salute, con diversi livelli di gravità e condizioni: problemi ai reni e alle ossa, disordini neurocomportamentali e dello sviluppo, elevata pressione sanguigna e, potenzialmente, anche cancro al polmone. Ebbene, nei prodotti derivati da culture biologiche la presenza di cadmio è risultata più bassa del 48%, così come i composti dell’azoto, nitriti e nitrati, la cui presenza scende fino all’87%.
“Questo studio è solo un punto di partenza, perché ha dimostrato che c’è una variazione nella composizione degli alimenti a seconda del metodo di coltivazione”, a spiegato il professor Carlo Leifert, coordinatore della ricerca.
“Ora bisogna studiare l’effetto che può avere passare a una dieta biologica. Alcuni di questi antiossidanti, però, sono stati legati da studi scientifici a un minore rischio di tumori e altre malattie”.
Bruno Lanata
10 ottobre 2018