di Stefano Andi, architetto
Ci sono luoghi in cui si sente chiaramente, quando li si visita, che sono collegati con le vicende e le opere di una personalità importante, che su di essi opera la presenza spirituale di quella individualità. Grandi geni e spiriti della storia hanno lasciato tracce spirituali e talvolta materiali nel paesaggio di un luogo, di una città: così a Firenze aleggia ancora lo spirito di Dante, benché questa grande città abbia ospitato nel tempo tante e tali alte personalità da presentare una ricchezza e multiformità di anime. Così a Milano si percepisce ancora sullo sfondo l’impulso datole da Leonardo da Vinci, benché la storia moderna e contemporanea abbia sommato e stratificato innumerevoli altri apporti e lasciato moltissime altre tracce.
Se poi la personalità in questione è anche un architetto, è immaginabile che questi abbia lasciato segni molto visibili della sua presenza nei luoghi, abbia costruito edifici che caratterizzano in modo assai forte il paesaggio e l’ambiente cittadino. E’ il caso di due grandi architetti di cui qui vogliamo parlare: Andrea Palladio per Vicenza e Antoni Gaudí per Barcellona.
Chi è stato a Vicenza avrà colto la particolare atmosfera di questa città, in cui il grande architetto del Rinascimento ha lavorato, imprimendo un carattere contrassegnato da uno spirito classico e solare, luminoso e armonico che si è impresso nella struttura dell’abitato. La base medioevale del tracciato viario, calda e accogliente ma tortuosa, è stata trasformata e rinnovata secondo la coscienza dell’uomo rinascimentale, con la sua scoperta della consapevolezza individuale umana, riadattando le forme antiche greco-romane (i colonnati, i timpani, le statue di marmo) a un nuovo sentire. La magia della Luce, delle proporzioni e degli spazi armonici palladiani abbandonano certo il filo della continuità con la spiritualità religiosa e sacrale medioevale, ma affermano nelle pietre e nei mattoni, negli intonaci e nelle pitture la presenza della ragione e dell’autocoscienza. Questi valori dell’architettura del Palladio – che è l’ultima splendida maturazione cinquecentesca, in altro modo, di quei valori diffusi cento anni prima dagli artisti fiorentini – si esprimono nei capolavori vicentini della Basilica, del Teatro Olimpico, del Palazzo Chiericati, della Villa La Rotonda, e in tutti gli altri maggiori e minori esempi della produzione palladiana, sparsi per tutto il Veneto e fin sulla laguna veneziana.
Un’aura di Luce e di Aria spira in queste architetture, attorno ad esse, impregna di sé l’intera città e arriva a contrassegnare persino uno dei caratteri fondamentali del paesaggio veneto: morbidezza di forme, colorismo di sfumature, equilibrio di gesti sono i valori positivi di questa regione italiana e della sua popolazione. Il Palladio e Vicenza, Vicenza e il Palladio.
Similmente si può dire di Antoni Gaudí per Barcellona, in un’epoca molto più recente e convulsa (il periodo a cavallo del Novecento) e in una regione assai diversa come la Catalogna. Il nome di Gaudí è ancor più legato a Barcellona di quanto appaia quello del Palladio a Vicenza, se è vero che il Palladianesimo, lo stile di cui era maestro questo architetto, si è diffuso per due-tre secoli in tutta Europa, in Inghilterra, in Russia, persino negli Stati Uniti; mentre Gaudí non si è praticamente mai spostato dalla città natale e non ha avuto veri seguaci e imitatori.Il genio catalano ha donato alla città la sua massima architettura, la Sagrada Familia, opera che si identifica persino con il luogo stesso, ma ha punteggiato la metropoli spagnola di straordinari edifici, stupefacenti per forme, colori, materiali e per l’atmosfera peculiare che essi portano (Casa Vicens, Casa Batlló, Casa Milà, Palazzo Güell, Colonia Güell, Parco Güell). Sono forme inimitate e inimitabili: gli stessi esempi coevi del Modernismo Catalano, anch’essi eccentrici e radicali, non riescono ad avvicinarsi alla pregnanza espressiva, alla necessità formale, di Gaudí e al suo magistero tecnico costruttivo. Lo spirito iberico-catalano si manifesta in modo esaltato nelle forme plastiche esuberanti, che hanno spesso un tratto animalesco (astrale) e talora si modellano letteralmente in forme animali come il drago, il serpente, la farfalla, il pesce, il mollusco, la conchiglia, ma anche vegetali come il fungo, il canestro di frutta esotica inebriante.
E’ sicuramente un’architettura organica, in quanto trae ispirazione da forme ed esseri naturali, adattandoli alle esigente espressive, costruttive e decorative, ma pendendo più verso un sentire espressionistico ed emotivo, sensitivo e sensuale, talvolta inquietante, piuttosto che verso il polo opposto dell’equilibrio olimpico e sereno della ragione. Gaudí esplora più l’elemento del Fuoco e delle oscurità materiche (la Terra), piuttosto che quello della Luce e dell’Aria, come il Palladio, giungendo a risultati artistici di straordinaria forza e originalità, ma talvolta anche conturbanti e inquietanti.
Così come per Palladio e Gaudí, potremmo fare ancora altri esempi significativi, come l’architetto moderno organico Alvar Aalto per la Finlandia, oppure la coppia dei due geni barocchi Bernini e Borromini per Roma; ma trattare questi casi ci porterebbe troppo lontano.
Volendo invece dare un senso ulteriore a questa disamina, che vada oltre i chiari ed evidenti nessi culturali storici e artistici tra i grandi architetti citati e i luoghi, città, regioni che essi hanno arricchito con le loro opere, possiamo ricorrere a una diversa e più complessa prospettiva, che ci offre la concezione della scienza dello spirito antroposofica di Rudolf Steiner.
Ogni luogo, ogni popolazione, ogni comunità non è un semplice dato esteriore con i suoi caratteri materiali, ma è il modo vivente con cui si manifesta sul piano terreno uno Spirito superiore, un’Entità spirituale collegata con essi. Si può dire che uno Spirito di Popolo è un essere spirituale di alto livello (Rudolf Steiner lo colloca al grado dell’Arcangelo), che si serve delle forme e dei modi terrestri per apparire, esprimersi e operare (vedi La missione delle singole Anime di Popolo, O.O.121). Egli essenzialmente si manifesta nel paesaggio (naturale soprattutto) del luogo in questione, nel temperamento della popolazione che lo abita, nella lingua che essa parla, nel modo di pensare che li si sviluppa.
Sono quattro livelli della natura dello Spirito, che così interagisce con gli uomini e con i regni naturali. Questo diversificato panorama da luogo alla complessità delle manifestazioni etniche, culturali, sociali, estetiche, ambientali che qua e la sulla Terra si attuano nella loro straordinaria e affascinante varietà.
Quello che accade per i grandi orizzonti spirituali, le Nazioni, gli Stati, i Popoli, può essere considerato anche in scala ridotta e a livelli più locali, man mano che si scende a esplorare le varie situazioni particolari. Cosicché ogni città, ogni regione, ogni ambito di vicinato, fino nelle articolazioni delle comunità più minute e sottostanti, si riconosce in spiriti inferiori e meno potenti di quelli guida e più conosciuti (per esempio i sette Arcangeli principali della teologia cristiana), ma dall’analogo ruolo ispiratore e creatore.
Quello che alcuni studiosi moderni hanno chiamato il Genius Loci (Christian Norberg-Schulz), riprendendo un’antica locuzione latina, è ridotto oggi ad astratta simbologia concettuale, ma era allora una vivida percezione e conoscenza che gli antichi avevano di queste Entità che abitano i luoghi, le regioni, le città. E ad esse questi conferivano i caratteri distintivi fondamentali che ognuno presenta, in parte ancor oggi.
Ebbene, si può dire che gli esseri umani che assurgono alla possibilità di improntare delle loro opere questi luoghi – al punto che essi poi ne portano le tracce indelebili – sono stati in grado attraverso la loro evoluzione spirituale, più o meno consapevole ma sicuramente autentica e feconda, di ergersi al livello di quegli Spiriti, dialogare con loro e trarre da loro l’ispirazione per le loro opere. Si tratta di un percorso iniziatico che, essendo di tipo artistico e svolto in epoche passate, è stato semicosciente, ma che ha portato quei frutti straordinari che ancor oggi cogliamo nelle loro opere e che vivificano ancora le città, i paesaggi.
Ogni caso è diverso e individuale, ma denota la capacità della vera arte di esprimere contenuti spirituali eccelsi: degli Elementi, degli Eteri, delle Aure astrali e infine degli Esseri spirituali ispiratori.
Rudolf Steiner parla della condizione dell’iniziato, cioè di colui che sale ad alti livelli e, superando la propria soggettività personale, diventa vero rappresentante del proprio Popolo. Così viene chiamato dai chiaroveggenti per esempio il “vero Israelita”, quello che fa ciò per quel popolo. Meta somma finale di questo percorso sarà quella di ascendere a una coscienza tanto ampia da abbracciare l’intero Pianeta: ma allora sarà il culmine di un processo eccezionale a cui è chiamato l’Uomo, che nemmeno Faust, il mago sapiente narrato da Goethe nel suo omonimo capolavoro, riesce a tutta prima a compiere, se è vero che egli si illude nel suo sforzo ambizioso di confrontarsi con lo Spirito della Terra, e ne viene annientato.
Molto più umanamente, ma con altrettanto possente empito artistico, gli architetti che abbiamo ricordato hanno percorso alcune tappe di questo processo evolutivo e conoscitivo che, consentendogli di offrire alla città e agli uomini il tratto e l’aura di aneliti spirituali che ancor oggi, pur nel frastuono e nelle privazioni della vita moderna, sono presenti e percepibili, aspetta di essere ripreso in modo rinnovato e pienamente consapevole nel percorso autoeducativo goetheanistico e scientifico spirituale.