Mi trovo a Brindisi per incontrare l’amico Carlo Triarico. Con lui intendo affrontare alcuni argomenti di stringente attualità, che vanno dalle agricolture innovative alla partecipazione della biodinamica all’Expo di Milano, fino all’emergenza xylella, un’epidemia che colpisce i secolari ulivi del Salento.
Carlo, l’enorme interesse verso una riqualificazione etica del rapporto con la terra rischia di fermarsi a un nobile ma confuso fenomeno sentimentale allato della ferrea visione scientifica che non prende in considerazione percorsi che non rispondono ai suoi valori scientifici. In tal senso cosa state pensando e soprattutto quale tipo di scientificità propone la ricerca biodinamica?
La biodinamica ha un carattere prezioso ed è quello di percepire una visione ampia di sistema e di modello agricolo, ma non è solo questione di saper coltivare e trattare la terra o di saper usare i preparati, ma di operare in un senso spirituale e senza spiritualità la biodinamica si ridurrebbe a mera tecnica con un risvolto solo economico. Quando viene meno l’aspetto sociale, si distrugge ogni carattere della biodinamica. Invece, essa dovrebbe agire a tutto tondo coinvolgendo aspetti che aiutino a gestire le emergenze sociali, a regolare i rapporti, in forma giuridica è stato riconosciuto questo valore ma se non riusciamo a fare tutto questo non salveremo l’agricoltura. Necessitiamo di trasformazione culturale, commerciale, affinché diventino patrimonio comune perché è nel sociale che si attua questa svolta. In queste innovazioni, che devono includere anche il riconoscimento concreto del lavoro di trasformazione sul paesaggio, le indicazioni di Steiner danno un orientamento preciso e un senso compiuto all’azione da svolgere anche in senso agricolo. Dare a tutti la possibilità di percepire come l’azione spirituale trasforma ogni cosa.
Ho colto nelle tue parole quanto Steiner intendeva con l’idea nella realtà, di fatto hai parlato di percezione a fronte delle tante visioni che in tempi di crisi si affacciano sulla scena del mondo, lo stesso mondo antroposofico è chiamato a inverare l’idea nella realtà. Come vedi questo incontro tra materia e spirito nel sociale, e cosa può dare l’Italia, in tal senso, nel panorama mondiale?
La domanda si sposta ora sul compito dell’antroposofia, Steiner ha fatto capire che essa non è una “visione” del mondo, ma una ricerca scientifica spirituale, non si tratta di punti di vista “riguardo a” ma aderenza a principi formativi, gli archetipi, se avremo fatto in modo che, nel nostro percorso antroposofico, biodinamico, ci sarà una buona scuola Waldorf, un’azienda biodinamica che saranno l’incarnazione del loro archetipo, e questo rimarrà. La quantità è certamente importante, ma deve corrispondere ad archetipi, in questo la formazione è un atto sacro, come lo era nell’antichità, ed è questo il compito per il prossimo futuro dove abbiamo anche l’incontro con l’altro, il compimento del karma. In questo periodo di disfacimento sociale, di apocalisse, l’attenzione alla formazione è come, nel mondo vegetale, avere un seme che genererà frutti nel futuro.
Nella tua risposta colgo anche la direzione che può venire dall’Italia, portatrice dell’impulso solare, proprio in quell’abbraccio totale ma competente cui accennavi, dove un’adeguata formazione realizza l’incontro di materia e spirito. Ora, siamo a Brindisi non distanti da dove si sta consumando questo dramma della xylella che colpisce i nostri ulivi, che idea ti sei fatto in merito?
La gravità della situazione richiede da parte mia e di tutti una certa cautela, bisogna comprendere e vedo che non sempre è così. Mi sembra si stia agendo solo sintomaticamente e muovendo guerra contro il batterio. È la classica visione riduzionistica. Ora, è chiaro che il batterio esiste però l’esperienza mi insegna che se c’è il virus influenzale e io esco poco coperto facilmente mi ammalo. Due realtà coesistono e come si sta rispondendo? Senza studiare! Leggo nei gesti e nel tipo di cultura, una mancanza di umiltà. Prima ancora di capire vengono tirate fuori delle soluzioni di carattere totalizzante del tipo: fascia d’intervento di 15 chilometri per l’eliminazione degli ulivi. Non viene però da chiedersi se vi siano altre piante, portatrici sane, dell’agente patogeno. E allora che si fa? Si eliminano tutte le piante? E che ne sarà delle popolazioni che vivono in questi territori? Abbiamo una serie di quesiti che necessitano di umiltà da parte di chi ricerca. È un problema di metodo, e come si risponde? È chiaro che abbiamo un’urgenza ma si risponde con lo studio che è la grande risorsa del mondo occidentale, ma il vero studio fondato sull’umiltà della ricerca! Altre risposte sanno di stregoneria. Sappiamo che c’è una tragedia ambientale creatasi su un terreno che è stato indebolito dall’abuso della chimica, questo è il problema. Oltre al patogeno principale, che è stato individuato, noi sappiamo che una serie di batteri neutri, non dannosi, con il cambio di azione sul campo diventano patogeni e ne moltiplicano enormemente la portata. Abbiamo capito che i batteri possono comportarsi in modo positivo o negativo, quello che qui sta avvenendo è proprio questo e come viene affrontato? Ci si è chiesto se le piante sono in grado di riprendersi? Mancano gli studi eppure, con estrema disinvoltura, si propone l’uso di pesticidi e l’eradicazione. Da parte nostra possiamo non avere la soluzione preconfezionata, però abbiamo il dovere di richiamare l’attenzione sul metodo in un settore agronomico dove vi sono forti interessi in ballo.
Le tue parole sulla ricerca, l’atteggiamento di umiltà, mi fanno pensare al mito greco di Atena che dona l’ulivo all’uomo, questa dea era la portatrice di un pensiero lucido e razionale e la vicenda dei nostri ulivi sembra volerci ammonire a educare il pensare, a far sì che esso non venga invaso dalle forze del sentire che generano confusione e unilateralità. Ora, ti chiederei quale contributo può portare la biodinamica alle altre figlie dell’antroposofia tenendo presente, a parer mio, come il testo di filosofia della libertà può condurci veramente alla percezione delle idee o archetipi cui tu accennavi.
La biodinamica, va ricordato, è un dono che arriva dopo il convegno di Natale. Con il convegno di Natale, Steiner afferma che tutto quello che doveva essere portato come Scienza dello Spirito era già compiuto, e sappiamo dalle ricerche storiche che era alquanto dubbioso se tenere o no gli incontri sull’agricoltura che gli erano stati fortemente richiesti. Questi incontri sono stati veramente un dono che forse vanno oltre la sua stessa missione e con questa azione egli si pone il compito di portare le forze dell’io a discendere nelle singole realtà agricole, in un processo di trasformazione che coinvolge la terra stessa. Humus è termine che significa uomo, ed è il colloide della terra che noi trasformiamo. È quindi un humus spiritualizzato con una alta presenza di forze dell’io di popolo e di forze astrali. Steiner si pone l’obiettivo di un lavoro di realizzazione dell’individualizzazione, di un processo d’incarnazione individualizzata, questa è l’azione che portiamo con la biodinamica. Ora, se ci sarà un buon supporto, a che la periferia del mondo, ciò che è più umile – humus e umile hanno stessa radice di uomo – come lo sterco che si trasforma e diventa un elemento di incarnazione individualizzata, se quanto si muove in tal senso viene sostenuto: noi compiamo un gesto antroposofico. Steiner ha detto che la filosofia della libertà era stata scritta in parole, e il primo Goetheanum era una trasposizione della stessa, un’azione visibile che individualizza un processo. Nella biodinamica abbiamo processi di trasformazione con i preparati che poi danno un alimento biodinamico che aiuta l’uomo nella sua evoluzione e in questo è un supporto a tutti coloro che operano nelle altre figlie dell’antroposofia.
Carlo, prima di lasciarci vorrei chiederti cosa pensi dell’Expo e cosa può portare un simile appuntamento al mondo biodinamico.
Expo si è posta grandi obbiettivi già dal titolo: nutrire il pianeta energie per la vita. Nutrizione, vita, se questi termini vengono usati come vuoti slogan stiamo bestemmiando. Ecco, di fronte a un possibile abuso di questi termini noi dobbiamo richiamarli alle loro regole. Loro hanno scelto temi quali nutrizione, vita, pianeta. Noi faremo in modo che l’evento non passi nel disinteresse e nell’ignavia ma sia un fermento, un lievito. Noi non abbiamo grandi numeri però su questo possiamo fare il nostro, richiamare l’attenzione su questi valori. Utilizzare termini in modo vuoto uccide. Piuttosto, a questo appuntamento, si deve essere presenti e non lasciare lo spazio ai soliti nomi e ai relativi modi di operare, ma lasciare un seme che porti le forze del suo archetipo. Quindi partecipazione attiva per lasciare una traccia a futura memoria. Quello che avremo fatto di buono lo ritroveremo sulla terra.
Si chiude con queste belle parole rivolte al futuro il nostro incontro. L’augurio è che in molti si avvicinino ai temi di cui si è qui parlato, sicuri che in Carlo Triarico non troveranno solo competenza ma anche sensibilità e passione. Questi sono “ingredienti” necessari affinché gli uomini diventino il sale della terra.