Oltre all’istituzione conservativa scuola, i giovani cercano un autentico rapporto con la vita.
Quali adolescenti della fine del ventesimo secolo abbiamo visto come gli adulti lavoravano in condizioni di estrema fatica che portavano al burnout. Eravamo sempre sotto pressione per il rendimento scolastico e per trovare un posto di lavoro e per fare “qualcosa della nostra vita “. Ma cosa vuol dire? Sono sempre più numerosi quelli che si oppongono a una simile pressione, perché abbiamo altre rappresentazioni di quello che è importante per noi: vivere nel presente, amare ed essere uno con tutto. La nostra ribellione contro la struttura sociale segue un principio che è nell’inconscio: noi abbiamo dei problemi e quindi creiamo dei problemi alla società, che a sua volta deve prendere coscienza dei suoi problemi. Siamo dei rivoluzionari silenziosi.
La chiave più importante per la formazione della società è presumibilmente l’istituzione scuola. Salta agli occhi che il sistema scolastico di oggi ha bisogno di una riforma drastica. In considerazione del crescente numero di ragazzi problematici, non si potrà continuare ad affermare che il problema sia nei ragazzi stessi.
Nel suo libro Lebenslernen, Imparare dalla vita Thomas Stoeckli si rivolge alle persone che sono direttamente coinvolte nella pedagogia: così per anni ha continuato ad intervistare insegnanti, esperti e tanti giovani. In riferimento alle loro esigenze egli formulava delle proposte e delle eventuali soluzioni, in primo luogo un nuovo concetto dell’imparare, dell’apprendere. Come si può trasformare la fisionomia culturale in modo da consentire una sana crescita dei giovani? E soprattutto capire cosa vogliono i giovani? Come lo esprime Stoeckli, “Le riforme sono possibili solamente se prendono l’avvio dagli interessati o perlomeno se essi partecipano alla loro realizzazione perché le ritengono idonee”.
Chi mai cambierà qualcosa se non ci fossero gli innumerevoli “figli problematici”, che nonostante il loro rifiuto della scuola e le loro cattive prestazioni scolastiche, occupano spesso ruoli di spicco laddove sono in grado di agire? Questo è secondo me il motivo per cui il libro di Stoeckli è così importante: finalmente un direttore di scuola, un insegnante, un adulto che prende sul serio i giovani, anche coloro senza grandi prestazioni scolastiche e vengono ascoltati anche quelli considerati dei falliti. Poiché i ragazzi cosiddetti difficili normalmente non vengono presi sul serio, essi non imparano a partecipare. “Perché i bambini e i giovani non esprimono le loro esigenze solo verbalmente, ma soprattutto le manifestano attraverso il loro crescente comportamento problematico, per esempio, con stranezze psichiche, mobbing, violenza, perciò la società sarà costretta a trovare nuove soluzioni in risposta a questi problemi”, dice Stoeckli.
Nelle tradizionali scuole statali si sa che molti giovani di oggi reagiscono diversamente a fronte di una fredda incomprensione.
La causa del malanno psichico dei giovani crea tensione, che viene ignorata, perché scuoterebbe le strutture di tutta una società, che non è così sana come pretende di essere.
Bambini e giovani che non si adeguano vengono messi a tacere con medicinali. Così abbiamo sviluppato una silenziosa rassegnazione ma con forme cariche di rabbia nella sottomissione, che gli insegnanti e i terapeuti non sanno, ben interpretare, e così danno degli appellativi e definiscono gli strani comportamenti con etichette e diagnosi di ogni sorta.
Cerchiamo qualcosa su cui proiettare le nostre forze e i nostri sensi e come risposta riceviamo delle formule matematiche e delle frasi da studioso di grammatica! Perciò si cercano fuori dalla scuola gli sfoghi: feste, shopping, abusi di alcolici e di tabacco ed altro. Il fatto è, che mentre facciamo queste cose impariamo le lezioni più importanti, perché sono lezioni di vita: impariamo a conoscere il mondo, impariamo cosa significa cadere e fare esperienze di soglia. Sperimentiamo una sorta di sensazione di realtà che sembra così lontano da quelle lunghe ore che si trascorrono nella scuola.
Non ci aspettiamo dalla scuola ogni giorno un nuovo divertimento, ma in qualche modo vogliamo sentire una atmosfera reale che esprima il presente, la vita, che ci permetta di respirare.

Stoeckli descrive nel suo libro la necessità di una scuola che si avvicina alla vita in cui gli allievi possano imparare ciò che la vita richiede. Egli porta come esempio la scuola Roj di Solothurn in Svizzera. Gli allievi passano due giorni su cinque in strutture dove fanno tirocinio o progetti. Le esperienze fatte sul campo pratico vengono alternate con regolari materie d’insegnamento in modo da consentire ai giovani una simbiosi fra teoria e pratica. Con questa modalità gli allievi percepiscono la scuola come un luogo di apprendimento vivo, in cui batte il polso del tempo.
Stoeckli si occupa anche di quella parte dei giovani che hanno il rifiuto della scuola, da autentica disperazione, non riescono ad accettare questo sistema e hanno la sensazione di soffocare interiormente. Dalla sua pluridecennale esperienza quale insegnante di scuole steineriane e grande studioso di pedagogia Stoeckli mette a fuoco i pensieri e i sentimenti dei giovani. Da questo punto di vista privilegiato egli può proporre autentiche soluzioni per unsano rinnovamento scolastico.
Grazie a questo libro, genitori, pedagoghi e futuri riformatori possono ricevere impulsi all’azione. Quale giovane si sperimenta invece una conferma esteriore che non sei tu completamente sbagliato, ma che la scuola insieme alla società intera hanno una grande necessità di ristrutturazione.
Con la sua modalità di procedere Stoeckli è riuscito a creare un libro che non parla tanto della nuova generazione, ma parla invece attraverso noi. Nel suo libro siamo messi su un certo piedestallo, ci viene data la parola per potersi esprimere in nome di milioni di giovani, che oggi soffrono al punto di ammalarsi, a causa della ristrettezza degli attuali sistemi.
È proprio vero che sono i “rivoluzionari silenziosi”, e hanno solo bisogno di essere ascoltati.
tratto da ArteMedica n.25