di Achim Hellmich
L’intento di Olaf Koob, medico scolastico antroposofo e scrittore, è di richiamare l’attenzione sul fatto che per guarire, anche dal punto di vista animico-spirituale, occorre sviluppare una coscienza dei nessi complessivi. Nei suoi libri e nelle sue conferenze egli tratta ripetutamente questo argomento.
Il nostro corrispondente Achim Hellmich è andato a trovarlo nel suo appartamento di Berlino. Nell’intervista descrive in che modo la pedagogia potrebbe trasformarsi in una medicina del futuro.
Finalmente l’ho trovato. Olaf Koob è, al contempo, cittadino e vagabondo del mondo e di conseguenza è continuamente in viaggio. Quando lo incontro a Berlino è appena tornato da Myanmar (Birmania), una terra in cui, afferma “si può ancora incontrare il buddismo delle origini”. Ultimamente ha ridotto la propria attività di medico scolastico, sia a vantaggio di questi viaggi che a favore dell’attività di conduttore di seminari, conferenziere e scrittore. Ora gli sto di fronte nel suo appartamento di Berlino, ha preparato il tè, spinto di lato la pigna di libri che ingombrano la sua scrivania ed è pronto a dar retta alle domande che verranno poste nel silenzio della prima mattina.
La salute animica è in pericolo
In base alle nuove leggi scolastiche, dall’anno scorso i bambini di Berlino iniziano ad andare a scuola a cinque anni e mezzo. Anche gli altri Land federali ne discutono. Dato che non è più possibile rinviare l’applicazione di questa legge, essa riguarda anche le scuole Waldorf che, di preferenza, iniziano a sei anni e mezzo o sette. Cosa ne pensa in quanto medico scolastico?
È un grave problema, poiché noi tendiamo a far iniziare la scuola soprattutto in base allo stato evolutivo animico-spirituale complessivo del bambino. All’età di sette anni avviene l’importante metamorfosi delle forze corporee in forze di pensiero. Mi viene spesso in mente la frase di Jean Paul: “La gemma dell’infanzia non va schiusa troppo presto”. Certo tutto può venire iniziato prima, ma non si può risolvere il problema dell’inizio precoce della scuola senza un progetto che tenga in considerazione il nesso tra le forze organiche e quelle intellettuali.
A Berlino, l’inizio precoce della scuola è stato più una decisione politica che pedagogica. L’elevata percentuale di stranieri, le competenze linguistiche quasi nulle, la scuola materna non obbligatoria hanno confinato i bambini turchi a prolungate sedute diurne davanti al televisore, così da rendere certo preferibile un precoce inizio della scuola. Non sono proprio le scuole Waldorf quelle pedagogicamente chiamate a presentare un progetto convincente sul precoce inizio della scuola? Al momento della loro fondazione, Rudolf Steiner ha fatto approvare la coeducazione, allora inesistente, e anche la scuola unica, che neppure oggi esiste sotto forma di scuola regolare.
Per quel che mi ricordo, Rudolf Steiner ha affermato che non è mai troppo presto per inserire i bambini in ambienti che garantiscono loro una sorta di salute animica. Se sono colmi dei contenuti necessari ci si potrebbe persino immaginare che i bambini accedano anche prima negli ambienti adeguati, penso ad organizzazioni Waldorf. È meglio che far restare i bambini in una casa paterna inadeguata.
Imboccare questa strada vorrebbe dire sviluppare una pedagogia progressista…
Sì, se si parte dal concetto che la pedagogia, come diceva Steiner, deve essere una sorta di terapia per il bambino. Steiner ricorre al concetto di “storpiatura degli involucri” e afferma che l’elemento individuale non riesce a emergere correttamente se gli involucri sono stati storpiati sin dalla prima infanzia. In tal caso bisognerebbe correre presto ai ripari con una sana pedagogia già nel corso del primo settennio, perché dopo diventerebbe sempre più difficile farlo.

La perdita del centro
Badare quindi alle opportunità e alle esigenze prima di agire. Per sua esperienza quali sono i sintomi più appariscenti che presentano i bambini?
La mia attività si svolge prevalentemente nell’ambito della pedagogia curativa, tuttavia so naturalmente con che problemi si trovano a combattere i colleghi. Da un canto i forti problemi di adiposità e dall’altro quelli dell’ipermotricità. Nei bambini è riconoscibile una polarità: o la corporeità ingrassa lentamente o i bambini diventano sempre più magri e irrequieti. Ritengo che si dovrebbero riesaminare in modo nuovo il concetto di centro e di ritmo. Nella nostra società si ha un’eccessiva cura dell’aspetto materiale e una cura troppo scarsa di quello emotivo. Questa polarità è complessivamente evidente e comporta una perdita della centratura sia politica che sociale e sanitaria.
Questo corrisponde all’immagine antagonista del mondo trasmessa anche dal punto di vista culturale. A tutt’oggi il nostro modo di pensare è improntato dal contrasto tra spirito e materia.
Manca l’immagine del centro. Se poi si leggono le conferenze di Rudolf Steiner su Michele (O.O. 194), nella prima si trova che è dall’America che arriva con sempre maggiore forza il senso del sistema duale e la tendenza a distruggere il sistema triplo e quindi il centro. La dualizzazione assomiglia a un processo culturale strisciante.
Le forze di polarizzazione – possiamo anche definirle arimaniche e luciferiche – sono presenti e hanno una forza propulsiva autonoma. Il centro dobbiamo crearlo noi.
Sì, dovremmo diventare molto più consapevoli, questo vale anche per noi antroposofi.
Lei va spesso in Asia. Ci sono, in proposito, impulsi di matrice buddista che indicano la direzione spirituale?
No, il buddismo quale l’ho conosciuto io in Asia è ampiamente degenerato, come l’islamismo o il cristianesimo, quanto meno dal lato istituzionale, pubblico.
Si può allora guardare solo all’aspetto individuale?
Sì, e ci sono persone eccezionali; ma il modo in cui viene praticato ufficialmente è vuoto e sciapo.
Sciogliere le ombre praticando la conoscenza di sé
Vorrei di nuovo prendere in considerazione l’aspetto medico-pedagogico. Ogni scuola vale quanto valgono i suoi insegnanti, si potrebbe dire esagerando un po’. Problemi non ce ne sono solo nelle scuole statali, ma anche nelle scuole Waldorf. Da cosa dipende?
Se io dirigessi una scuola di formazione per insegnanti, gli studenti dovrebbero già avere esperienza di vita. In tal caso il corso inizierebbe con un anno propedeutico in cui si cercherebbe di iniziare a creare armonia a livello di pensare, sentire e volere. Obbligatorio, per creare un pensiero sano, sarebbe lo studio de La filosofia della libertà di Steiner, della teoria della conoscenza goethiana e delle attività artistiche. Solo successivamente potrebbe iniziare l’effettiva formazione.
E, in quanto insegnante, come potrei pervenire a una “purificazione psichica”, per così dire, in modo da non elaborare i miei problemi personali lavorando sui bambini o da non proiettarli su di loro?
Credo che ciò sia possibile solo con l’esercizio. Possiamo imparare un po’ di cose dagli psicologi. È necessario elaborare le proprie mancanze. Come elaboro gli argomenti, come conduco un colloquio?
L’insegnante deve elaborare la propria infanzia?
Sì, dobbiamo elaborare le ombre che ci trasciniamo dietro. Questa è la premessa fondamentale di un’accurata conoscenza di sé. Rudolf Steiner dice che se si porta in classe il proprio “vecchio uomo” , non si è in grado di insegnare. Oggi questo consapevole confronto con se stessi per liberarsi dai vecchi fantasmi e non continuare a portarseli in giro è il presupposto base di ogni professione. Ho tentato di spiegarlo nel mio libro Das Ich und sein Doppelgänger. Zur Psychologie des Schattens (I’Io e il suo doppio. Sulla psicologia dell’ombra).
Le ombre dell’infanzia, e quindi dei genitori, vanno portate nella coscienza illuminandole in modo che perdano il loro potere.
Così è. Nell’accezione di Nietzsche, tutto ciò che arriva a consapevolezza è bene. È una sorta di processo di disintossicazione, assolutamente necessario!

Metodo fenomenologico-immaginativo
Ogni aspetto animico-spirituale interviene su quello fisico e viceversa. Come si possono armonizzare?
Uno dei temi importanti del mio ultimo libro uscito l’anno scorso Wenn die Organe sprechen könnten… (Se gli organi potessero parlare..) l’ho trovato nelle opere dello scrittore ungherese Sandor Maroi, che mi ha ispirato profondamente. Egli scrive: “Non sappiamo quasi nulla del nostro corpo. Siamo stati educati male. Dalla mia stanza posso telefonare a San Francisco, ma non ho nessun’idea di quel che accade in questo momento nel mio fegato o nella mia cistifellea. Il compito dell’educazione moderna sarà quello di portare a consapevolezza gli organi interni (…) Nel rapporto con se stesso l’essere umano non è ancora abbastanza forte e coraggioso. Osa già guardare negli occhi le stelle, ma non ha ancora il coraggio di guardare in faccia la sua milza e le sue viscere.” (Sandor Maroi, „Selbsterkenntnis” in Himmel und Erde Betrachtungen)
Se ci si immerge davvero negli organi si entra in un mondo molto nascosto; l’elemento animico si fa molto più vicino e quello organico diviene oscuro. Mi risulta sempre più chiaro che l’effettiva medicina sta nella pedagogia e che deve trasformarsi sempre di più in pedagogia terapeutica.
Questo significherebbe comprendere gli organi non solo dal punto di vista della loro funzionalità, ma vederne l’aura?
Steiner definisce la strada che vi conduce “medicina intuitiva”. Allo scopo non c’è bisogno di essere veggenti, ma nutrire i giusti pensieri che diventano poi effettivamente veggenti. Io paragono questo processo alla luna. Essa è un satellite (un bimbo vivace?) che posso visitare fisicamente. La luna, però, ha anche un’influenza eterica sulla terra, sull’acqua, sulla crescita e così via. Ha anche un aspetto animico e spirituale, nel subconscio, nella forza di fantasia. Così si può notare l’influenza della luna sul fisico, sull’eterico e sullo spirituale. Cos’è, poi, la luna in relazione all’intero cosmo?
Tuttavia, a questo modo, si potrebbero considerare anche gli organi. Io dico che è un guardare con metodo immaginativo-fenomenologico, per prendere l’organo sul serio anche dal punto di vista della sua storia evolutiva. I reni ad esempio. Nell’embrione essi si formano nella regione della gola, sotto forma di cosiddetti pre-reni, poi migrano in fondo al bacino sotto forma di reni originari e poi risalgono sotto forma di post-reni. È singolare quello che succede prima che i reni arrivino nella loro sede definitiva. Inoltre sono un organo doppio, cosa che si verifica solo nella regione della testa. Considerando di nuovo le cose da un altro punto di vista, vediamo che i reni, nell’embrione, si formano nella sfera della coscienza, quando poi si spostano verso la loro sede si avvolgono di una sfera di calore, il grasso renale. Quando esso si scioglie ricomincia la loro migrazione, ora in veste di patologia, in forma di nefroptosi o rene migrante. I reni sono gli unici organi in grado di spostarsi. Sono sanguinici dif atto, una volta su e una volta giù; persino nella loro anatomia e nelle loro funzioni c’è un su e giù, assorbire e rilasciare, assorbire e rilasciare. Prima che, sotto forma di concentrazione, si produca l’urina questo processo si ripete molte volte.
Un organo estremamente vitale.
Sì, e non è primariamente un organo d’acqua, bensì d’aria. Questo è il grande segreto. Se lo si capisce, si capisce come, intervenendo sui reni, sia possibile curare l’asma e tutti i disturbi aerei, le orecchie, le surrenali e persino il tinnito.
In generale quali sono le patologie più frequenti?
In primo luogo le malattie di ritmo, cuore, circolazione e pressione alta.
Guarire trovando il centro
Questo significa che non ha luogo l’elaborazione dell’elemento esterno?
Esatto, le persone assorbono troppo. Steiner dice in proposito che “inspiriamo troppo”. E poi che non riusciamo a espirare correttamente ciò che abbiamo inspirato. In concreto c’è un rapporto alterato tra percezione e movimento. Quando si fanno delle camminate o si va a passeggio la situazione è ancora corretta. Si percepisce qualcosa, si va avanti e così via. Percezione e movimento sono in armonia.
E ciò sviluppa un sano centro della coscienza?
Sì, e oggi questo centro mediatore si sfalda. Ne deriva un eccesso di percezione senza che ne consegua un movimento. Oppure c’è un’automazione del movimento nelle palestre, facendo jogging, eccetera. Si passa da un estremo all’altro.
Come dovrebbero quindi essere percezione e movimento?
Sono molto utili in merito le indicazioni di Steiner sulla pedagogia; egli dice che la percezione deve essere rivolta verso qualcosa. Quando l’insegnante narra una storia avvincente, il bambino è dentro di essa con tutta la sua attenzione e il suo Io. D’altro canto, se nel movimento s’introduce una guida, un’intenzionalità, allora esso si trasforma in movimento umano, finalizzato. Quando Steiner dice che il bimbo deve destarsi, intende dire che nel corso della propria attività il bambino percepisce che quando si muove, salta, si arrampica si forma qualcosa.
Si può dire che la volontà deve penetrare nella percezione perché questa divenga attenzione. E l’attività percettiva deve penetrare nella volontà. Allora ho un concetto terapeutico fondamentale. Il poppante è un iperattivo nato e ha una percezione lacunosa, è facilmente distraibile e così via. A poco a poco, grazie al ritmo, le due sfere, quella del movimento e quella della percezione s’incontrano. Percependo sempre più abilmente e più miratamene tramite il movimento, il poppante stimola il proprio cervello e a sua volta il cervello riesce a coordinare movimenti e percezione. Un modello di base interessante.
Pedagogia come medicina
Sino ad arrivare al ritmo respiratorio. Steiner dice che la pedagogia significa imparare a respirare correttamente.
Respirare significa, infatti, prendo ossigeno e cedo acido carbonico, sostanza morta. Come quando nella scuola Waldorf si impara a scrivere: accolgo immagini viventi, ossigeno per l’anima, le trasformo poi in lettere astratte, acido carbonico. Tuttavia se assorbo acido carbonico a quest’età, concetti astratti, non li trasformo in ossigeno.
Mi si chiarisce sempre più che l’effettiva medicina che deve trasformarsi sempre più in pedagogia curativa, è il contenuto della pedagogia. La medicina, così formula Steiner, consiste nel portare a consapevolezza le sfere esistenziali che si svolgono a livello inconscio. Grazie a ciò si ha guarigione.
Così la pedagogia, la scuola producono un influsso duraturo. Questo non vorrebbe dire anche un più intenso lavoro dei genitori? Ma come?
Una delle possibilità è di entusiasmare i genitori per alcuni argomenti. Senza questo entusiasmo non è possibile operare, perché le persone sono talmente radicate nelle proprie abitudini. Oserei pensare e chiedermi se determinate posizioni non sono già andate perse. Questa marea dell’elettronica è talmente cresciuta che non la si riesce quasi più a controllare. Una volta Steiner, a proposito dell’influenza dei media, disse “Solo gli dei possono ancora aiutarci in merito”. Se, pur senza diventare dei contemporanei musoni, si prendono sul serio queste osservazioni dobbiamo proprio dire che viviamo tempi difficili.
Tutto ciò si riversa troppo presto sui giovani. I bambini vengono astralizzati troppo presto e l’Io non riesce neppure più a incarnarsi correttamente, a connettersi alla Terra. Ne consegue che le persone restano, in certo qual modo, eternamente adolescenti.
Questo vuol dire che dobbiamo occuparci intensamente della pedagogia, dei bambini, ma anche di lavorare assieme ai genitori.
Sì, ed avere il coraggio di sostenere le nostre opinioni in pubblico.

Olaf Koob è nato nel 1943. Dopo la laurea in medicina ha lavorato come medico scolastico a Friburgo e Wanne-Eickel. Si è specializzato nella prevenzione e terapia dei problemi connessi alla droga e ha collaborato per anni a un progetto di cura e consulenza per tossicodipendenti. La notorietà la deve alla sua attività internazionale di conduttore di seminari e di conferenziere e ai suoi numerosi libri.
Da ArteMedica n.5, primavera 2007 (tratto da Das Goetheanum)