Il messaggio pasquale costituisce il cuore della fede cristiana

Come è ben noto, il Vangelo è costituito da quattro testi, organizzati secondo una quadruplice struttura artistica. Tale struttura è particolarmente evidente nella descrizione dei racconti pasquali.

Tratto da Emil Bock, I tre anni, ed. Arcobaleno

Le parole di Paolo: “Se il Cristo non fosse risorto, la nostra fede sarebbe vana” giustificano una descrizione del cristianesimo semplicemente come la religione del Cristo risorto. la devozione cristiana non ha, in fondo, altro scopo che questo: sviluppare la comunione con il Risorto. Non si deve cercare il Cristo nel passato o nel futuro, ma nell’immediato presente; la Sua sfera non è di , ma proprio in questo mondo in cui viviamo.
Come è ben noto, il Vangelo è costituito da quattro testi (Matteo, Luca, Marco, Giovanni), organizzati secondo una quadruplice struttura artistica. Tale struttura è particolarmente evidente nella descrizione dei racconti pasquali.

I quattro Vangeli e la Pasqua
L’armonia sinottica di tutti e quattro i Vangeli – pur con le loro differenze e apparenti contraddizioni – mette chiaramente in luce l’unità universale del “Vangelo nei quattro Vangeli”.

Nel Vangelo di Matteo la composizione del racconto pasquale è di una particolare grandiosità: il primo Vangelo supera di gran lunga gli altri in quanto a svolgimento poetico. Un duplice dramma, carico di Tensione, fa da cornice alle scene pasquali proprie. Il dramma cosmico del terremoto prepara fin dall’inizio le nostre anime alla potenza e grandiosità di ciò che sta per accadere. Solo il Vangelo di Matteo fa cenno alle scosse di terremoto che, iniziate nel pomeriggio di Venerdì Santo, si protrassero fino al mattino di Pasqua, provocando uno squarcio nella terra.
All’iniziale dramma cosmico si contrappone, alla fine, un dramma umano: l’inganno dei sacerdoti al sepolcro di Giuseppe di Arimatea. I sommi sacerdoti hanno appostato sentinelle perché temono un inganno, ma ora essi stessi tentano di corrompere i guardiani spingendoli a fare false dichiarazioni. La storia procede poi con episodi concisi e drammatici.
Le scene pasquali vere e proprie iniziano alla tomba e questo preludio è contenuto anche negli altri tre Vangeli. Subito dopo siamo trasferiti sulla cima di un’alta montagna. L’angelo alla tomba ha chiesto alle donne di dire ai discepoli che il Cristo risorto li precederà in Galilea, e subito anche noi ci troviamo in Galilea. Insieme ai discepoli, siamo trasportati a un’altezza dalla quale la terra può essere contemplata come se ci si trovasse sulla cima di quella meravigliosa montagna dove una volta i tre più intimi discepoli avevano visto il Cristo trasfigurato nella Sua gloria; sulla cima del Tabor, la montagna delle montagne, che sorge nel soleggiato paesaggio di Galilea. In questo luogo il Risorto dice ai Suoi discepoli: “A Me è dato ogni potere in cielo e in terra” e li invia, come apostoli, in tutti i regni della terra.

Nel Vangelo di Marco manca la cronaca di drammatici avvenimenti esteriori, sostituita da una drammaticità interiore. Dopo aver incontrato l’angelo sulla tomba, le donne tornano nella stanza dove sono riuniti i discepoli. Questa è il Cenacolo, il luogo della lavanda dei piedi e dell’Ultima Cena, luogo sacro e venerato sul monte Sion, centro, da tempo Immemorabile, della storia spirituale dell’umanità. Qui prosegue la storia pasquale, con il Risorto che entra nella cerchia dei discepoli e riconquista con le Sue parole i loro cuori induriti. Pur non avendo in un primo momento compreso il messaggio pasquale e neppure le parole del Cristo risorto, essi diventano ora i portatori di un impulso cosmico che, grazie alla resurrezione, è penetrato nel mondo. Ora i discepoli percepiscono, pur rimanendo all’interno della casa, come davanti ai loro occhi il Cristo si sollevi ad altezze sublimi; tra le quattro mura della stanza possono già intravedere l’Ascensione.

Bartolomeo Schedoni, Le due Marie al sepolcro

Cominciamo ora a penetrare nel profondo simbolismo racchiuso nei racconti pasquali: Matteo ci conduce sulla cima di un monte. Marco all’interno di una casa.
Alle immagini drammatiche di Matteo si contrappone poi la stupenda interiorità del Vangelo di Luca. Il passaggio dall’esterno all’interno, che ha luogo dal primo al secondo Vangelo, viene ancor più approfondito e questo passaggio domina il racconto dei due discepoli di Emmaus, che segue la scena presso la tomba. Anche per questi due discepoli il vero incontro con il Risorto e il Suo riconoscimento avvengono solo dopo essere entrati nella casa al termine del loro viaggio ed essersi seduti a tavola, nella quiete del tramonto.
Il tema del passaggio dall’esterno all’interno prosegue; con i due discepoli ritorniamo rapidamente, la sera stessa, a Gerusalemme ed entriamo nella stanza del Cenacolo, dove sono riuniti gli altri discepoli: qui assistiamo all’improvvisa apparizione del Risorto, che prende cibo e bevanda davanti agli occhi dei discepoli, in modo da unirsi a loro in questo pasto sacro. Come in Marco, anche in Luca la scena del vero incontro pasquale, dopo il preludio presso la tomba, avviene all’interno della casa: il dramma interiore è tuttavia, in Luca, più profondo e più articolato.
Il Vangelo di Giovanni ci presenta una grande varietà di scene pasquali: anche il preludio presso la tomba viene ampliato in un intero dramma. Maria Maddalena si reca alla tomba: nessun angelo è presente per mitigare la sua sorpresa alla vista della tomba vuota ed ella torna dai discepoli; due di questi, in preda a grande emozione, corrono attraverso tutta la città fino alla tomba, che anch’essi trovano vuota. Nessun essere spirituale appare loro e così devono tornare in silenzio al Cenacolo, portando dentro di sé un enigma apparentemente senza soluzione. Maria Maddalena resta sola alla tomba. Solo ora che si trova dinnanzi alla tomba per la seconda volta alla sua anima viene dischiusa la presenza di entità spirituali: questo primo incontro con gli angeli prelude al suo primo incontro con lo stesso Risorto, che le appare sotto le sembianze di un giardiniere.
Ancora una volta, ma con ben maggiore intensità, si ha il passaggio dall’esterno all’interno. Ci ritroviamo all’interno della stanza dell’Ultima Cena e partecipiamo all’esperienza di come il Risorto si manifesti ai Suoi discepoli. Le scene seguenti vengono descritte con tale ricchezza di dettagli che cominciamo a renderci conto come la fratellanza pasquale dei discepoli con il Risorto si estenda ben oltre la domenica di Pasqua.
Una settimana più tardi verrà permesso a Tommaso, ancora in preda al dubbio, di convincersi della resurrezione del corpo mediante il contatto fisico. Il racconto di Giovanni prosegue ancora e i passi successivi, che ci hanno condotto dall’esterno all’interno, vengono ora invertiti. Il Vangelo ci porta di nuovo all’esterno: le scene interne vengono seguite da una serie di scene che hanno luogo sotto il cielo aperto della Galilea. Improvvisamente, i discepoli vengono trasportati sul lago di Galilea: durante la notte avviene la pesca miracolosa e, nella freschezza del mattino, appare loro, sulle rive del lago azzurro, la figura radiosa del Risorto. Un sacro pasto Lo unisce a loro; poi Egli rivolge a Pietro tre volte la Sua domanda e indica ai discepoli la loro missione apostolica, accennando con parole misteriose al lontano futuro. Possiamo ora intravedere un aspetto importante della stupenda composizione dei Vangeli nel loro complesso. Nelle scene che seguono il preludio presso la tomba siamo condotti, passando da Matteo a Giovanni, attraverso tre scenari archetipici: sulla montagna, nella casa, sul lago, In apparenza, è uno scenario fisico che viene descritto ma, in effetti, ci vengono mostrate tre regioni animiche che dobbiamo attraversare per poter incontrare il Risorto. Il Vangelo, preso nel suo complesso dei quattro Vangeli, ci fornisce un’immagine pittorica della Sua sfera.

Gli angeli alla tomba

La maggioranza dei lettori della Bibbia dà per scontato che in tutti e quattro I Vangeli i racconti pasquali concordino nel descrivere anzitutto l’incontro con gli angeli presso la tomba: cosi però non è.
Il Vangelo di Matteo riferisce che le donne si recano alla tomba e, nelle prime ore del mattino, sono atterrite dal rinnovarsi delle scosse del terremoto che il giorno prima sembrava placato. Poi un colpo di fulmine strappa (per così dire) il velo davanti al mondo dei sensi e, quando giungono alla tomba, un essere spirituale si presenta loro in una luce accecante: “E, trascorso il Sabbath, all’alba del primo giorno della settimana, le donne vennero a visitare la tomba. E ci fu un grande terremoto e l’angelo del Signore scese dal cielo e rimosse la pietra all’ingresso del sepolcro e vi si sedette sopra. Il suo aspetto era come la folgore e le sue vesti candide come la neve”. Quando il fulmine ha abbattuto i guardiani, l’angelo rivolge la parola alle donne, dando loro un preannuncio della Pasqua e dicendo di comunicare ai discepoli di recarsi in Galilea.
Alla luce della concezione soprasensibile del mondo che è propria dei Vangeli, il terremoto viene descritto non come un evento della natura, ma come l’attività di forze ed entità sopra sensibili. Anche noi siamo partecipi, tramite le anime delle donne, dell’azione di un potente essere delle gerarchie angeliche: un angelo che ha l’aspetto della folgore e della neve scende dal cielo per rimuovere la pietra.
È importante notare come le donne percepiscano l’angelo mentre si trovano ancora fuori dalla tomba. Questa visione è frammista alla constatazione fisica che, con la rimozione della pietra, l’ingresso alla tomba è aperto. Le esperienze soprasensibili raccontate dai Vangeli hanno sempre una profonda base psicologica e non sono mai casuali. Nei Vangeli non si sperimentano esperienze soprasensibili senza una causa: la visione viene accesa nell’anima da un impulso specifico.

Guercino, La Maddalena con due Angeli

Nel Vangelo di Marco il racconto dell’incontro delle donne con l’angelo è differente, sia nel suo aspetto interiore, sia nella sua collocazione spazio-temporale. Mentre si recano alla tomba, le donne si domandano come faranno a entrare nel sepolcro chiuso; come però giungono al termine della loro strada, sono meravigliate nel trovare la tomba aperta, essendo stata rimossa la pietra dell’ingresso. Il problema che le preoccupa è risolto, ma tale soluzione prelude ad altre ben maggiori sorprese. Il commento di Marco: “poiché la pietra era molto grande” ci rende partecipi del grande stupore delle donne. Entrano nella tomba e vengono investite da un fascio di luce accecante. Sulla loro destra vedono una figura angelica in una lunga veste bianca: l’angelo. descritto come un giovinetto, parla loro della resurrezione e affida loro un messaggio per i discepoli.
Il loro incontro con l’angelo non avviene, come nel vangelo di Matteo, prima di entrare nella tomba, ma dentro, un poco più tardi. Mentre Matteo descrive l’essere angelico come “l’angelo del Signore” che in ebraico si tradurrebbe come “l’angelo di Geova”, Marco parla di un “giovinetto” seduto sulla tomba. Ci troviamo qui di fronte a una situazione completamente differente, e diversa è pure la condizione che accende la visione: questa volta non è la paura, ma lo stupore. Si ha così una prima apparente discordanza tra i due vangeli.

Nel Vangelo di Luca si va ancora oltre, prima di sperimentare ciò che fa passare dalla sfera delle percezioni sensoriali a quella soprasensibile. La descrizione degli eventi esteriori è portata allo stesso punto che nel Vangelo di Marco: le donne giungono alla tomba e, trovando che la pietra è stata rimossa, entrano nel sepolcro. Cercano il corpo di Gesù e, non trovandolo, la loro ansietà e il loro smarrimento crescono. Solo quando questi sentimenti hanno raggiunto il loro apice, i loro occhi possono contemplare gli Esseri spirituali presenti. “E come erano piene di angoscia, ecco due uomini si presentarono loro in vesti bianche che rilucevano come la folgore. Ed esse ebbero paura ed abbassarono gli occhi verso la terra”.
In questo caso le donne si sono spinte più verso l’interno della tomba che non nel racconto di Marco e vi sono rimaste più a lungo. La visione viene ora accesa non dalla paura del terremoto o dallo stupore per la tomba aperta, ma dallo smarrimento dovuto al fatto che la tomba è vuota; questo sentimento che va al di là della percezione sensoriale è di ben diversa natura e presuppone uno stato di coscienza più avanzato. Sono ora due gli esseri angelici che si rivelano alle donne ed essi non vengono chiamati “angelo del Signore” o “giovinetto”, bensì “due uomini in vesti bianche”.
È quindi evidente che queste differenze che si riscontrano tra i vari Vangeli non sono casuali, ma che il passaggio da un Vangelo all’altro segue regole precise. Gli incontri con gli angeli si trasformano in modo così regolare, con una metamorfosi così significativa, che le divergenze tra i Vangeli, prese nel loro complesso, devono voler attirare l’attenzione su un particolare segreto. Questo è particolarmente evidente quando giungiamo al vangelo di Giovanni. Maria Maddalena viene sola alla tomba e, entrando, la trova vuota; ci si riallaccia così al punto in cui ci aveva portato il Vangelo precedente. I sentimenti che in Maria Maddalena erano stati provocati dal terremoto, dalla tomba scoperchiata, dal sepolcro vuoto non vengono descritti: il quarto vangelo descrive esperienze che avvengono più tardi. Maria Maddalena lascia la tomba senza aver visto alcun angelo e torna dai discepoli attraversando tutta la città. Ora Pietro e Giovanni corrono alla tomba e, con lei, guardano all’interno. Benché non vi sia di ciò alcun esplicito accenno, si può supporre, in accordo con lo spirito del Vangelo di Giovanni, che i discepoli abbiano avuto un’intuizione del significato cosmico della tomba vuota. Nel luogo dove sorgeva la tomba, il terremoto aveva riaperto la profonda fenditura che faceva parte dell’antica gola che divideva un tempo Gerusalemme e che era stata livellata da Salomone. [confronta Cesari e Apostoli].I discepoli non vedono dunque solo una tomba vuota, ma il loro sguardo penetra in un baratro tenebroso: essi sperimentano lo stadio mistico denominato trovarsi di fronte all’abisso. Sconcertati, si allontanano, lasciando Maria Maddalena sola. Passa qualche tempo e Maria Maddalena piange; le sue lagrime non sono provocate da paura, sgomento o ansietà, ma dall’amore incondizionato per Colui che le è stato strappato. Ben più cose sono avvenute che non la morte di Gesù. Tutti gli avvenimenti inesplicabili e miracolosi che si sono verificati dopo il mezzogiorno di Venerdì Santo risvegliano in lei percezioni di sogno, rendendo palese come non mai a Maria Maddalena la grandezza di Colui che era passato attraverso la morte. Quanto più intuisce la Sua grandezza, tanto più aumenta il suo amore. È I’amore che spalanca gli occhi della sua anima. Mentre la sua vista fisica è offuscata dalle lagrime, il suo pianto risveglia la vista spirituale, che le mostra due figure. Queste non sono però uguali a quelle descritte da Luca: sono due angeli in abiti bianchi, alla testa e ai piedi di dove era stato deposto Gesù.
Benché non vi sia traccia dell’amato corpo, ora un’intuizione spirituale indica a Maria Maddalena il luogo esatto dove giaceva il suo corpo. I due angeli le chiedono: “Donna, perché piangi?”. In questo momento, mentre sta per rispondere, la sua esperienza raggiunge un nuovo livello: volgendosi vede, nel giardino di Giuseppe di Arimatea, una figura rivolta verso la tomba. In questa lei non riconosce Gesù: Colui che le si presenta ha l’aspetto di un giardiniere e il suo primo impulso è di chiedergli dove sia scomparso il corpo di Gesù. A questo punto Gesù le rivolge la medesima domanda posta dagli angeli: “Donna, perché piangi?”

Giorgio Vasari, L’incredulità di San Tommaso

Non dobbiamo pensare che il Risorto o gli angeli parlino un linguaggio umano: il Vangelo traduce in parole ciò che viene percepito interiormente dall’anima. Solo facendo tacere la voce umana possiamo sperare di penetrare questa intima percezione. Nel Vangelo di Giovanni è l’ascolto interiore della domanda posta dagli angeli che produce l’incontro spirituale grazie al quale Maria Maddalena è la prima persona a sperimentare il vero incontro pasquale. È quasi come se quella figura rivolta verso la tomba togliesse le parole dalla bocca degli angeli.
Ancora, la figura che Maria Maddalena percepisce come una continuazione della sua visione angelica è chiaramente quella di un uomo. Quando il Vangelo dice che lo credeva il giardiniere, questo non vuol dire che si fosse sbagliata: Gesù le era effettivamente apparso come un giardiniere. I pittori medievali, quando rappresentavano il Cristo risorto come un giardiniere, riproducevano correttamente l’immaginazione che attraversava I’anima di Maria Maddalena: il Risorto è effettivamente il giardiniere di un nuovo giardino, colui che semina e coltiva una nuova vita sulla terra.
La vista del giardiniere porta nuova speranza all’anima colma d’amore di Maria Maddalena: forse Colui che le appare dinnanzi potrà renderle ciò che ha perduto. Un momento prima l’amore per il Cristo aveva provocato le sue lagrime, ora lo stesso amore le illumina l’anima. In questo momento si sente chiamata per nome e comprende finalmente che è il Cristo che le sta dinnanzi nel giardino pasquale. Ha veramente ritrovato Colui che le era stato tolto e allunga le mani per abbracciarLo. Le viene però rivolto I’avvertimento: “Non toccarmi!”. Il Mistero pasquale non è ancora compiuto. Ciò che avviene presso la tomba è solo un preludio: la manifestazione completa del Risorto nel Suo corpo spirituale avviene solo quando sono terminate le scene all’esterno e sono iniziate quelle all’interno, nella cerchia dei discepoli,

Il Vangelo di Giovanni fa procedere di un altro passo la metamorfosi del preludio pasquale intorno alla tomba. Le trasformazioni e amplificazioni dense di significato degli incontri degli angeli descritte nei primi tre Vangeli raggiungono qui il loro punto culminante. Dopo il terrore del terremoto, lo sgomento della tomba aperta, l’ansietà del sepolcro vuoto, sono ora le lagrime d’amore a spalancare gli occhi dell’anima di Maria Maddalena alle visioni angeliche. L’incontro con il giardiniere costituisce poi il passaggio dal cortile al tempio pasquale vero e proprio. Attraverso la coscienza risvegliata dallo spirito, l’uomo potrà coltivare un perenne rapporto con il Risorto medesimo. Il Cristo risorto si manifesterà come il vero signore del destino umano che cammina a fianco dell’uomo e lo guida. Così acquisterà la forza e la sicurezza per sopportare meglio il suo destino.

da ArteMedica n.5

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